Depositate oggi le motivazioni della sentenza del 2 dicembre
Milano, 28 marzo 2006
All'ex giudice Renato Squillante arrivarono 500 milioni delle vecchie lire da un conto della Fininvest. E' questa una delle conclusioni a cui sono arrivati i giudici della Corte d'appello di Milano che il 2 dicembre scorso hanno condannato Cesare Previti a 5 anni di reclusione, Attilio Pacifico a 4 e Renato Squillante a 7 con l'accusa di corruzione in atti giudiziari per la vicenda Sme. Le motivazioni della sentenza sono state depositate oggi.
Le motivazioni della sentenza
"Può dunque concludersi tranquillamente circa la non veriticità delle dichiarazioni difensive degli imputati, e per contro circa la permanente significanza probatoria di un bonifico, assolutamente certo, da Previti a Squillante, con provvista Fininvest, che costituisce eclatante riscontro del contesto di rappporti e di pagamenti rappresentanti dalla testimonianza Ariosto". Lo scrivono i giudici d'appello del processo Sme nelle motivazioni della sentenza pronunciata il 2 dicembre scorso con la quale hanno condannato Attilio Pacifico, Cesare Previti e Renato Squillante per corruzione in atti giudiziari in relazione ai 434mila dollari partiti da un conto estero riconducibile alla Fininvest e approdati, nel marzo 1991, su un deposito nella disponibilità dell'allora capo dei gip romani, Squillante.
"Oltre agli indiscussi vincoli professionali, di amicizia e comune fazione sportiva esistenti tra gli imputati risulta confermato il rapporto Previti-Pacifico-Squillante nel cui ambito il primo riveste il ruolo di corruttore, il secondo quello di consapevole concorrente e il terzo quello del magistrato corrotto che aveva messo a disposizione la sua funzione per favorire l'interesse di una parte, la Fininvest o le societa' ad essa collegate o partecipate come la Iar (della quale erano soci, tra gli altri, Fininvest e Barilla)".
Nessuna attenuante
Le attenuanti generiche non possono essere concesse a Cesare Previti, Attilio Pacifico e Renato Squillante, perché, come ha stabilito la Cassazione, va tenuto conto della "gravità dei fatti", scrivono i giudici della Seconda Corte d'Appello di Milano nella sentenza del processo Sme. I magistrati nelle motivazioni sostengono che non puo' essere seguita la tendenza di riconoscere le attenuanti generiche "secondo un meccanismo automatico, in presenza del requisito dell' incensuratezza, cosi' come richiesto dalla difesa". "La riduzione della pena - scrivono - che le attenuanti generiche comportano deve essere ancorata a elementi positivi di considerazione diversi da quelli addotti dalle difese; ed invero sarebbe paradossale ritenere degna di considerazione una condizione che dovrebbe caratterizzare ogni cittadino e, segnatamente, gli imputati in oggetto - un magistrato e due avvocati - al fine della concessione del beneficio richiesto".
In questa vicenda, lo status di incensurato deve ritenersi "normale" per la professione svolta e "non può che soccombere di fronte alla gravità dei fatti".